giovedì 14 febbraio 2013

Recensione La Collezionista di Cose Perdute di Alexis M. Smith.

Letto in poche ore, La Collezionista di Cose Perdute di Alexis Smith è un libro malinconico, dalla delicatezza particolare che sfuma nei toni di una favola, una storia nella storia che parla del sentimento di appartenenza e del pensiero di avere sempre con sé un pezzo di vita da raccontare, qualcosa da condividere e legare a oggetti da cui chiunque potrebbe rievocare.



La Collezionista di Cose Perdute 
Alexis Smith
Frassinelli
192 pagine
29 Gennaio 2013
18,50€
Voto: 2 Stelle e ½!

Isabel ha vent’anni e una passione tutta sua: collezionare cose che altri hanno abbandonato. Così, sogna la vita delle persone che le hanno possedute, l’amore di chi ha spedito la più tenera delle cartoline, la gioia di coloro che hanno conosciuto il mondo. E sogna timidamente di conquistare il cuore del ragazzo bello e taciturno che lavora con lei in biblioteca, dove Isabel restaura libri antichi. Finché un giorno, forse grazie all’abito vintage al quale non ha saputo resistere, vince ogni riservatezza e lo invita a una festa. Sarà una giornata memorabile, di preparativi e attese, scoperte e attimi di pura magia, rivelazioni e sorprese. Sarà il giorno del loro primo bacio.


                                         La mia Recensione.

Gli oggetti hanno un'anima, una storia di cui si fanno portavoce, un ricordo che si attacca in ognuno di loro e aspetta solo che qualcuno li raccolga, riuscendo a leggerle per impedire che vengano dimenticate. Se gli oggetti potessero parlare, Isabel li sentirebbe. Ha ventotto anni e lavora in una biblioteca occupandosi di libri danneggiati. Che strano impiego, vero? Nulla è ordinario, eppure al tempo stesso lo è, in questo piccolo libro, e la stessa Isabel ha un modo di fare particolare. Le piace occuparsi delle cose che il resto delle persone getterebbe via, e soprattutto la piacciono i libri. Attraverso i libri si respira, attraverso i libri si vive dice. Ha un migliore amico, che si chiama Leo, e che scrive il suo nome sulle pagine dei libri della biblioteca. E poi c'è Spoke, il tecnico, ex soldato da un anno, per cui sente una forte attrazione, speranzosa di attirare la sua attenzione.

Isabel colleziona ricordi, suoi o di altri, ricamando sopra le vite delle persone che non ha mai conosciuto, ma di cui ogni oggetto racconta qualcosa. Suo padre le ha insegnato che ogni cosa può essere un tesoro, e che se le piaceva non c'era motivo per non considerarlo tale. Isabel ha imparato a vedere negli oggetti perduti cose che gli altri non vedono, che in qualche modo erano in grado di suggerirle pensieri, racconti di estranei e luoghi che non ha mai visitato, come Amsterdam. E in ogni oggetto c'è un pezzo di sé che potrebbe accomunarla alla persona a cui apparteneva prima, secondo una storia possibile da ricostruire, raccontata per essere ascoltata.

Per conoscere una persona, si può ascoltare il suo passato pur vivendo nel suo presente, ed è questo che accade con Isabel, perché lei non riesce a lasciare andare il suo passato. E' un alternarsi fra prima e dopo, il modo in cui il primo incide sul secondo, o come entrambi si mescolano fra di loro per un profumo, un'evento, una parola che riporta a galla immagini di altri tempi. Guardandosi allo specchio, non vede più quella bambina che, da piccola, le persone intorno a lei descrivevano come sprovvista di grazia o antiquata nel modo di vestire. Vorrebbe davvero poter trovare in sé qualcosa che di solito non vedrebbe, e magari che fosse proprio Spoke a guardarla in quel modo.
Mi piace questa sorta di legame-non-esplicito fra lei e Spoke, come se si piacessero a distanza, con sguardi, pensieri, idee e sogni, senza mai toccarsi o parlare apertamente. Sono messaggi che viaggiano attraverso gli occhi, nell'aria che li circonda, frasi non dette che vanno anche a comporre una storia che va ricordata, ripresa e raccontata, perché negli oggetti si nascondo delle storie, e le storie vanno narrate a voce alta.

All'inizio avevo qualche dubbio, ma più leggevo e più capivo la storia. Anzi, è stata una frase di Leo a farmi riflettere. Ci sono ragazze -nel caso di Isabel, la protagonista è una lei, no?- su cui nessuno racconta mai delle storie. E allora ho cominciato a chiedermi: "perché Isabel non è una di quelle ragazze?, perchè lei è diventata il personaggio di una libro?". La risposta è stata: "perché ha una storia da raccontare". Non una storia che divenisse un esempio per chiunque leggesse, ma semplicemente parte di una vita da leggere e respirare, proprio ciò che si fa leggendo. Come soluzione mi è bastata, non avevo bisogno d'altro per continuare. Ognuno ha una storia da raccontare. Non importa quanto sia lunga o se sia bella, basta che sia vera.
Penso che il senso di questo libro si capisca davvero solo alla fine, perchè finisce così come inizia e da un senso alle cose perdute a cui Isabel si aggrappa.

E' una lettura piacevole ed ha il suo fascino, ma l'ho trovata troppo distante da me, per poterla sentire totalmente mia, come se ci fosse una tenda pesante fra me e la storia. Non tanto per le riflessioni di Isabel, che mi hanno comunque colpita e affascinata, quanto per il contesto in cui si ritrova a raccontare. E non deve essere necessariamente un aspetto negativo. Dettagli e descrizioni sono molto minuziosi, mi è sembrato di leggere una fiaba, però della vita di una persona appartenuta ad un altro tempo e luogo, così lontano dalla mia realtà di tutti i giorni. Si tratta di sprazzi di immagini e pezzi di vita comuni, ma che racchiusi tra le pagine diventano una storia speciale, da narrare e condividere, per renderla immortale, oltre il tempo e lo spazio, perché alla fine solo le storie sopravvivono. E' un libro delicato, da cui traspare il desiderio di avere un posto da chiamare casa, un luogo in cui tornare, o magari una persona a cui appartenere. Non c'è una trama precisa, perchè tempi diversi si intrecciano e creano immagini varie, ma nell'insieme è come osservare un quadro pieno di pennellate confuse prima di trovare il nesso fra colori e posizione o angolazione di quelle.

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