sabato 25 maggio 2013

Odyssea Read & Write: la vincitrice!

Buongiorno lettori!
Ricordate questo post, vero? Vi annunciavo di aver aderito alla Odyssea Read & Write, particolarissima iniziativa di Chiara de Il blog di Chiara, insieme a Eilan Moon del blog Storie di notti senza luna.
Non potendomi dilungare troppo -ne volendolo, tra l'altro, immagino che le partecipanti non vedano l'ora di sapere chi abbia vinto!- a causa dello studio, vi invito ad andare qui per rileggere il post di presentazione della Tappa 2 di quest'iniziativa, ospitata dal mio blog, prima di presentarvi i cinque brani partecipanti letti dalla stessa Amabile Giusti, autrice di Odyssea.


Qual'era la traccia di questa Seconda Tappa?

Qui, le partecipanti dovevano scrivere, dal punto di vista di Jacko, il primo bacio fra Odyssea e Jacko! La traccia partiva da qui (pagina 143)...
Inghiottì anche lei, a vuoto, ed emise un intenso respiro. Tutte quelle rivelazioni l’avevano inchiodata lì, sul tronco tagliato, e non sapeva più cosa dire. Jacko le si avvicinò. Si strinse con lei sullo stesso tronco, e stettero seduti molto vicini.
...e doveva essere poi continuata scrivendo ciò che secondo loro passa nella mente di Jacko in quel momento.
Devo dirvelo, se fossi stata in Amabile non sarei proprio riuscita a prendere una decisione definitiva. Sono tutti brani bellissimi, scritti con sentimento, creati apposta per emozionare e trasmettere ciò che le partecipanti hanno provato facendo propri, per un po', i personaggi di Jacko e Odyssea. Vediamo i lavori in gara!

Brano di Simona T.

«Jacko… i cavalli… che fine hanno fatto…» chiese a un tratto, cambiando argomento e guardandomi negli occhi, senza tuttavia riuscire a mantenere il suo sguardo fisso su di me. Notai un lieve rossore imporporarle le guance, probabilmente imbarazzata per la mia vicinanza. Sorrisi impercettibilmente, pensando che volesse indirizzare il discorso sui cavalli, solo perché la discussione di poco prima aveva preso decisamente una piega pesante. Non sapevo nemmeno io perché le avessi raccontato certe cose della mia vita. Solitamente non ne facevo mai parola con nessuno e mi tenevo tutto dentro, era sempre stata la via più facile. Mi resi conto che con lei era tutto più semplice, facile quasi come respirare. Il pensiero che quella ragazzina riuscisse in qualche modo a rendermi vulnerabile, mi rese inquieto.
«Quando vado via li lascio liberi nella prateria al di là del bosco», risposi scrollando le spalle, dopo una breve riflessione.
«Chi pensi che fosse?» chiese a bruciapelo, tormentandosi le mani raccolte in grembo. Aggrottai la fronte pensieroso per l’improvvisa domanda e, notando la mia espressione titubante, si spiegò meglio. Quella ragazzina mi faceva leggermente girare la testa, i pensieri le scorrevano nella mente troppo in fretta per starle dietro.
«Nella Foresta Tenebrosa, chi pensi che fosse?» precisò, torturandosi il labbro inferiore con i denti. Riuscii a intravedere, nei suoi occhi, un frammento di panico.
«Non lo so…» risposi sinceramente, con un improvviso tono gentile che, dovetti ammettere, non mi apparteneva. Odyssea, che fino a poco prima era intenta a rimirarsi le mani intrecciate, sollevò immediatamente il capo come per accertarsi che le avessi risposto io per davvero. I suoi occhi mi guardarono in modo strano, stralunato, ma la mia attenzione fu attirata dal suo viso a pochi centimetri dal mio. I miei occhi sondarono con attenzione quel viso conosciuto, reso meno familiare dai graffi che lo incorniciavano prepotenti e da quella chiazza violacea che si mescolava al naturale rossore delle sue guance. Se pensavo che qualcuno l’aveva ridotta a quello stato, mi sentivo ribollire il sangue nelle vene dalla rabbia. Strinsi i pugni così forte da far sbiancare le nocche delle dita. Era una ragazza con un caratterino forte ma, allo stesso tempo, in quel momento più di altri, mi sembrò estremamente fragile, costretta ad affrontare verità più grandi di lei. Provai un moto di tenerezza e, senza neanche pensare a ciò che stavo facendo, mi sporsi maggiormente verso di lei.
«Certo che ti ha fatto proprio male» sussurrai, accarezzandole delicatamente con i polpastrelli la guancia tumefatta, che immediatamente sentii rabbrividire al mio tocco. Vidi i suoi occhi sbarrarsi per lo stupore e, allo stesso tempo, brillare di una luce diversa. Scattò in piedi come una molla, frapponendo di colpo distanza tra noi, e la cosa mi incuriosì parecchio. Iniziò a fare avanti e indietro sull’erba, improvvisamente pensierosa e irrequieta. Se avesse continuato a quel modo, avrebbe come minimo scavato una voragine nel suolo. Sorrisi, era proprio una ragazzina. Il pensiero che comunque se la fosse cavata solo con un paio di graffi e lividi, mi rasserenò.
«Ora devi dire tu quello che hai combinato» dissi, incrociando le braccia al petto. Io avevo accontentato la sua richiesta, raccontandole del mio passato e di Breta, ora sarebbe toccato a lei spiegarmi un paio di cosette. Era ancora in piedi a una decina di passi da me, quando la incitai a parlare. Mi raccontò tutto, dondolando irrequieta sul posto e con le mani rigirate febbrilmente dietro la schiena.
«È andato via, dici?» chiesi pensieroso.
«Dopo avermi colpita…» iniziò la frase titubante e inquieta, portandosi una mano davanti alla guancia, come a voler nascondere i lividi, che altro non erano se non segni evidenti di ciò che aveva dovuto affrontare. Strinsi convulsamente i pugni appoggiati sulle ginocchia, in preda a un attacco di collera. Non riuscivo a tollerare ciò che le era stato fatto. La interruppi prima che potesse finire quella frase e la mia rabbia potesse esplodere incontrollata. Non mi sarei trattenuto e il pensiero di poter fare qualcosa di avventato, di cui avrei potuto pentirmi, mi frenò.
«È stato Jordy a trovarti?» chiesi spezzando il discorso, ma solo con la pessima conseguenza di canalizzare la mia rabbia su un altro soggetto.
«Sì» rispose debolmente, guardandomi in viso.
«Bene.» No, che non andava bene, pensai.
«Jacko… vedi, per Breta… tu puoi fidarti di me… non lo dirò a nessuno. Quando ci siamo incontrati da Mastro Piricum, io… io ero appena stata da Lindia… lei mi aveva confidato che voi… ma io non volevo farmi gli affari tuoi, credimi… non lo farei mai.» mi guardò imbarazzata e allo stesso tempo corrucciata, distogliendo più volte lo sguardo. Era in evidente difficoltà. Sapevo benissimo anche io che potevo fidarmi di lei, ammetterlo a me stesso però era tutto un altro paio di maniche. Era un paradosso per uno che, per tanto tempo, non si era fidato di nessuno, se non di se stesso. Cosa le aveva raccontato Lindia?
«Lo so. Ma ci sono cose che non puoi capire.» risposi risoluto, sperando vivamente che la discussione su Linda terminasse lì.
«Per esempio?» chiese curiosa e cocciuta come al solito, continuando a tormentarsi le mani. Era ovvio che con lei la discussione non potesse terminare lì. Sospirai, rassegnato davanti alla sua ostinazione.
«Non credo proprio che ti riguardi, dopotutto sei ancora una bambina.» la canzonai, certo che fosse l’unico modo per farle cambiare discorso e farla smettere di fare l’impicciona. Adoravo pungolarla e a suo modo era molto carina quando si arrabbiava.
«Non è vero!» rispose punta sul vivo, come previsto, irrigidendosi, ostinata sul posto, mentre imperterrita continuava a torturarsi le mani. Quel suo atteggiamento familiare, ogni volta riusciva a farmi uscire di testa. Senza pensarci due volte, mi alzai dal tronco avvicinandomi lentamente a lei che, con occhi stupiti, mi guardava come una gazzella guarda un leone. Sorrisi, dinanzi alla sua aria smarrita. La afferrai delicatamente per i polsi, che racchiusi totalmente dalla mia stretta, me la fecero apparire ancora più fragile e delicata. Lo feci lentamente, quasi come se avessi paura di romperla. I suoi occhi seguirono imbarazzati i miei movimenti. Eravamo in piedi e il sole alle spalle del recinto e della casa, creava un alone aranciato, come una gigantesca aureola fiammeggiante, che avrei tranquillamente potuto paragonare alle sue gote in quel momento.
«Facciamo una prova?» la stuzzicai ammiccando, sapendo di mandarla così nel panico più totale, scombussolandola. La attirai a me e quello che all’inizio era solo un gioco da parte mia, un modo per metterla in difficoltà, mi fece fremere, e la sua vicinanza, sostituì la rabbia con la voglia improvvisa di baciarla. Sapevo benissimo che anche lei non voleva altro. Non rispose alla mia provocazione, ma i nostri corpi vicini, i suoi polsi arrendevoli tra le mie mani mentre mi avvicinavo alle sue labbra e quegli occhi lucidi e improvvisamente colmi di calore, bastarono a farmi capire che lei lo desiderava quanto me. Avvicinai lentamente il mio volto al suo e mentre, nel silenzio, mi avvicinavo alla tanto ambita meta, le sue labbra, la vidi chiudere gli occhi in attesa. Dapprima sfiorai le mie guance con le sue, sentendo la sua pelle calda e morbida come pesca a contatto con la mia, poi, sfiorai il suo piccolo naso con il mio in un tenero movimento che la fece sussultare. Percepii il suo calore e il suo dolce profumo mi investì le narici, facendomi perdere il controllo. Posai freneticamente le mie labbra sulle sue e il contatto contro la sua bocca morbida e calda mi destabilizzò in modo inaspettato, facendomi provare un calore immenso nel petto. Avrei voluto approfondire il contatto, ma lei rimase immobile ad occhi chiusi come una statua di sale. Mi allontanai da lei quel tanto che mi permise di guardarla in volto e, al mio distacco, finalmente riaprì gli occhi smarrita. La guardai divertito e allo stesso tempo incredulo per la strana sensazione provata. Non era di certo la prima volta che baciavo una ragazza, eppure quel semplice e casto bacio, mi spiazzò, cogliendomi di sorpresa.
«Ho ragione, vedi», sussurrai con l’intento di prenderla ancora un po’ in giro «Sei proprio una ragazzina. Non hai la più pallida idea di come…», non feci in tempo a terminare la frase che mi spinse via con una mano, allontanandosi.
«Che ne sai tu di me?» mi gridò contro risentita. «E poi… come… come ti sei permesso… chi ti ha chiesto…» continuò adirata. In quel momento le sorrisi schernendola, pensieroso. L’avevo fatta incavolare davvero. Ripensai per un attimo a ciò che le avevo detto. Pensavo davvero che fosse ancora una ragazzina, così fragile, dolce, con quell’aria imbarazzata e imbambolata ogni volta che mi guardava, che mi avvicinavo o la sfioravo anche inavvertitamente. Il fatto era che trovavo ben più facile prenderla in giro e farla irritare che ammettere a me stesso che Odyssea, quella ragazzina testarda e ostinatamente cocciuta, stava diventando una costante attiva del mio presente. Le sensazioni destabilizzanti che avevo provato poco prima poi, semplicemente posando le mie labbra sulle sue, in un semplice contatto, mi avevano scosso. La verità era che mi riusciva più facile fare lo stronzo, che mostrare i miei sentimenti e le mie emozioni. Quello era il vero Jacko O’Donnell.

Brano di Marty S.

Jacko non aveva mai sentito quel bisogno assoluto di confortare qualcuno. Non riusciva a ragionare da quando aveva visto cosa le aveva fatto Squartavene: si sentiva le budella annodate e come una specie di sordo dolore al petto. La guardava e avrebbe voluto strangolare qualcuno, la guardava e avrebbe voluto abbracciarla così forte da soffocarla, la sentiva tremare al suo fianco e non sapeva cosa dire.
«Jacko...i cavalli...che fine hanno fatto.. .»
Ingoiò e poi rispose, sperando che la sua voce risultasse tranquilla.
«Quando vado via li lascio liberi nella prateria al di là del bosco»
«Chi pensi che fosse?» Gli domandò lei tutto d'un fiato « Nella foresta Tenebrosa, chi pensi che fosse?»
Jacko vedeva che Odyssea non riusciva a stare ferma e che appena i loro occhi si incontravano, volutamente o per sbaglio, li abbassava subito verso terra.
«Non lo so... » disse lui sinceramente. Si ricordava già poco di quella notte in condizioni di normalità, e in quel momento non sarebbe di certo riuscito a capire altro se non che quel verme l'aveva toccata e usata come un sacco da box. Senza rendersene conto allungò la mano e le sfiorò la guancia più rovinata.
« Certo che ti ha fatto proprio male» Con il pollice fece una leggera pressione su un livido violaceo che le percorreva tutta la guancia, come per cancellarlo. Si guardarono per un secondo negli occhi e Jacko sentì l'imbarazzo e l'emozione della ragazza sotto le sue mani. “È un libro aperto”, pensò, “tanto ingenua da non saper nascondere i propri sentimenti dietro una maschera impassibile”. Jacko cercò di ricordare quando anche lui era stato così ottimista e fiducioso nei confronti dell'amore, ma non gli venne in mente niente. Eppure in quel momento, vicino a lei, si sentì come ...
“No, non può essere” si disse togliendo velocemente la mano dalla sua guancia. Odyssea abbassò di nuovo lo sguardo, si alzò instabile e cominciò a camminare avanti in dietro, rendendolo un po’ nervoso, ma nonostante ciò la lasciò fare.
«Ora devi dire tu quello che hai combinato» le chiese Jacko a un certo punto. Odyssea iniziò a raccontargli tutto, dapprima un po’ incerta poi via via con sempre più decisione. Le parlò del terremoto che aveva squassato la biblioteca, dell’orrore che aveva provato vedendo Squartavene, ma anche della strana forza che aveva sentito crescere dentro di sé al primo attacco, della pozza di sangue nella quale giaceva il preside dissanguato e dell’essere svenuta senza più sapere cosa fosse successo. Jacko stette ad ascoltarla in silenzio, senza mai perderla di vista. Si sentiva impotente e avrebbe dato di tutto pur di eliminarle quell’episodio e quelle sporche immagini dalla testa. Lei era così piccola e inesperta. “Perché se l'è presa con lei?” si chiese “cosa potrebbe mai volere da lei? Forse i suoi poteri. Perché non è venuto da me?”
« È andato via, dici?» le chiese guardandola dal basso.
Lei si fermò e si girò verso di lui. Sembrava più calma, ma la sua voce era ancora un flebile sussurro.
« Dopo avermi colpita...» Si toccò i lividi con la mano e li coprì come per nasconderli agli occhi del ragazzo. Jacko pensò che dovesse sentirsi molto brutta in quel momento, lo capiva da come cercava di mettersi sempre i capelli davanti, ma lui non riusciva a vedere altro che un autentico coraggio e una profonda dolcezza. E seguendo la narrazione di Odyssea anche qualcun altro aveva notato quella dolcezza.
« È stato Jordy a trovarti? »
«Sì» rispose lei senza aspettare.
« Bene» rispose, anche se non andava bene.
« Jacko…» Odyssea si avvicinò leggermente « vedi, per Breta...tu puoi fidarti di me...non lo dirò a nessuno. Quando ci siamo incontrati da Mastro Piricum, io...io ero appena stata da Lindia…lei mi aveva confidato che voi…ma io non volevo farmi gli affari tuoi, credimi....non lo farei mai.»
Jacko sapeva che stava parlando sinceramente, e si fidava di lei al tal punto da condividere assieme il segreto di Breta, ma quello che faceva assieme a Lindia, o meglio, quello a cui serviva Lindia, non poteva dirglielo. Era troppo personale, neanche sua sorella sapeva nulla delle sue intenzioni di smascherare quello schifoso di Hamlet Angel. Sarebbe stato folle raccontarglielo. Lei non avrebbe capito...era meglio che Odyssea continuasse a credere alla sua conclusione: che lui e Lindia avessero una storia.
« Lo so. Ma ci sono cose che non puoi capire.»
« Per esempio?» Le domandò prontamente lei.
Jacko la guardò per un istante e avrebbe voluto ridere per la sua linguaccia lunga, ma si sforzò di non farlo vista la situazione critica. Decise, allora, di attaccare in un’altra maniera.
«Non credo proprio ti riguardi. In fin dei conti sei ancora una bambina.»
Odyssea dimostrò in parte vera la sua affermazione perché, quasi pestando i piedi, urlò un tremolante “ non è vero!” contro di lui. Quello che successe dopo fu certamente inaspettato e Jacko non se ne rese conto fino a quando non si trovò di fronte a lei. Si sentiva così divertito e...felice, e voleva solo sapere com’era. Lei era così... Ci aveva già pensato molte volte a come sarebbe stato baciarla. In verità era dalla notte in cui l’aveva accompagnata alla Fornace Fiammeggiante che non pensava ad altro. Lì lui l' aveva abbracciata perché aveva intuito che sentiva freddo, e gli era piaciuto molto restare così in silenzio senza dire nulla e sentirla fra le sue braccia. Se solo lei si fosse girata, probabilmente ci avrebbe provato.
« Facciamo una prova? » Sorrise a trentadue denti.
Quando prese Odyssea per i polsi, avvicinandola a sé, la vide sgranare gli occhi per lo spavento, ma allo stesso tempo notò che non provò a spostarsi quando lui abbassò la testa verso la sua. Era così vicino che poteva sentire il suo respiro veloce e il suo profumo delicato. Quando Jacko venne a contatto con la sua pelle, la sua guancia contro la guancia di lei, calda per i lividi, e il suo naso sfregare contro quello più piccolo di lei, non si sarebbe aspettato di percepire come delle bollicine scoppiettanti per tutto il corpo. Sentendola immobile, con le braccia distese verso le gambe, il respiro irregolare, e l’innocente incapacità di non sapere andare oltre, Jacko capì che quello sarebbe stato il suo primo bacio. Gli si avvicinò ancora di più, i suoi capelli lunghi erano come una piacevole carezza sulla sua fronte, e quando si trovò a un respiro dalle sue labbra, chiuse gli occhi, e quando sentì un leggero pizzico sulle sue guance capì che anche Odyssea li aveva chiusi. Jacko decise allora di percorrere la brevissima distanza che li separava e la baciò schiudendo leggermente le labbra e la sentì rispondere con la dolcezza che solo una ragazzina che bacia per la prima volta sarebbe stata capace di trasmettere.

Brano di Ilaria Cassani

Assorto nei miei pensieri mi avvicinai più che mai a lei perché avevo bisogno di sentirla vicino: dopo tutto quello che le avevo raccontato mi sentivo vulnerabile.
Quando ci sfiorammo mi rilassai, mentre lei rimase rigida, ferma su quel tronco. Nel guadarla mi rattristai: quel lurido bastardo l’aveva conciata proprio male, ma la cosa peggiore era che l’aveva toccata…nessuno doveva farlo..
- Jacko..i cavalli.. che fine hanno fatto..
- Quando vado via li lascio liberi nella prateria al di là del bosco.
- Chi pensi che fosse? Nella foresta tenebrosa, chi pensi che fosse?.
- Non lo so..
Sentivo qualcosa dentro, dovevo proteggerla, assicurarmi che stesse bene. Dopo moltissimo tempo era l’unica persona che stavo facendo avvicinare, non volevo più soffrire delle perdite di persone a cui volevo bene.. ma con lei vicina tanto da accarezzare il viso con un soffio d’alito non resistetti e le sfiorai gentilmente una guancia, povera la mia..
- Certo che ti ha fatto proprio male.
Glielo dissi quasi come un sussurro, mi mancava la voce per le emozioni che mi sovrastavano.
Lei rabbrividì e si alzò di scatto allontanandosi da me.. le ho fatto male? No, sono stato delicato come con nessun altro.. o non resisteva alla mia vicinanza? Perché è così agitata e non sta ferma? Le faccio questo effetto? O è turbata? Possibile dopo quello che ha passato..
- Ora devi dire tu quello che hai combinato.
Così lei mi parlò, mi raccontò tutto, stando a distanza, lontano da me, le gambe traballanti e la voce incrinata. Se prendo quel lurido lo uccido con le mie stesse mani..
- É andato via, dici?
- Dopo avermi colpita..
Quando si toccò la guancia la mano tremava come non mai, quanto avrei voluto baciare ogni livido di quel viso.. ma è inesperta, piccola, avrà baciato al massimo sulla guancia la una amichetta..
- É stato Jordy a trovarti?
- Sì.
Almeno quel perfettino aveva fatto qualcosa di utile per una volta..
- Bene.
- Jacko..vedi, per Breta..tu ti puoi fidare di me.. non lo dirò a nessuno. Quando ci siamo incontrati da mastro piricum, io.. io era appena stata da Lindia.. lei mi aveva confidato che voi.. ma io non volevo farmi gli affari tuoi, credimi.. non lo farei mai.
Oh, angelo, lo so che mi posso fidare di te, forse me ne sono reso conto da subito.. ma con Lindia non puoi capire.. mi serve solo per un fine che giustifica il mezzo, un giorno capirai, ti dirò, ma adesso è troppo pericoloso, non voglio che tu sia coinvolta, è una cosa più grande di te, anche di me forse, ma la mia rabbia prevale su tutto.. devo sapere..
- Lo so. Ma ci sono cose che non puoi capire.
- Per esempio?
Come facevo a farle capire di stare alla larga da tutto questo? L’unico modo è tirare fuori il Jacko arrogante.. mi dispiace.. lo faccio per te..
- Non credo proprio che ti riguardi, dopotutto sei ancora una bambina.
- Non è vero!
Carpe diem…con un sorriso mi avvicinai e le presi con delicatezza i polsi.
- Facciamo una prova?
Non le diedi nemmeno il tempo di avvicinarsi, sapevo dal suo comportamento che non aveva mai baciato nessuno, era inesperta, ma sapere di essere il primo mi eccitava perché il primo bacio non si scorda mai.. Appoggiai la fronte alla sua, guancia contro guancia e labbra contro labbra, sembrò durare un’eternità, le sue labbra erano morbide e molto calde, tenere, non fu un bacio passionale, ma mi scosse con un brivido fino ai piedi, non potevo darlo a vedere.. così mi scostai quel poco che bastava per guardarla, lei con gli occhi ancora chiusi e le labbra semi aperte.. che magnifica visione.. Con un soffio di voce dissi:
- Ho ragione, vedi.. sei proprio una ragazzina. Non hai la più pallida idea di come..
Lei si staccò bruscamente e mi spinse via, era davvero arrabbiata.
- Che ne sai tu di me? E poi.. come.. come ti sei permesso.. chi ti ha chiesto..
Dovevo tenerla lontana da me, al sicuro. Quando si voltò per andarsene le dissi:
- Quello che c’è tra me e Lindia sono affari miei e non ho piacere che te occupi nemmeno se è per rassicurarmi che non lo dirai a nessuno. E adesso vieni qui. Non sono abituato a pregare le persone, e se non torni subito allora non tornare più.
- Ah, se è per questo, non preoccuparti. Può darsi che non ci vedremo più davvero!
- Che vuoi dire?
- Mia madre.. piangevo per questo, sai, quando Breta mi ha sentita.. mia madre vuole andare via da Wizzieville.
Come, andare via? Dove voleva portarla? L’unica persona con la quale mi sto aprendo.. che sento vicino più di quanto avrei pensato.. presto lontano da me.. mi sento male solo a pensarlo.. pensa a quando…
- Per cui, stai tranquillo, non solo manterrò i tuoi segreti ma non te ne parlerò più.. anzi probabilmente non parleremo più di niente noi due!
- Quando?
- Quando cosa?
- Quando te ne vai?
- Non lo so.. forse subito.. forse domani..
La rabbia.. la rabbia mi accecava. Dirle addio era la cosa più dolorosa che potesse fare e parlai senza riflettere..
- Benissimo, allora vattene.. starò meglio senza di te sempre intorno!
- Io non ti sto sempre intorno!
- Sì, invece, e io non ho mai sopportato le ragazzine appiccicose che baciano da imbranate.
Con quelle parole ho capito di aver perso tutta la stima e la fiducia che aveva di me, ma il dolore era troppo.. stavo male.. non respiravo..
- Vattene!
Dopo di che rientrai in casa, col fiato corto. Mi ero comportato dal bastardo che ero!
La vidi andare via.. avevo spezzato tutti e due.. non sapeva se ci saremmo rivisti…era come se una parte di me fosse morta.

Brano di Aryanne

Odyssea era come il polo opposto di una calamita che lo attraeva in continuazione e a quella breve distanza Jacko venne sopraffatto dall’impulso di avvicinarsi sempre di più a lei.
<<Jacko…i cavalli…che fine hanno fatto…>>
<<Quando vado via li lascio liberi nella prateria al di là del bosco.>> sentiva il suo corpo rilassarsi a quella vicinanza, sentiva le tensioni che si allentavano come burro al sole. Che strana sensazione che gli procurava lei.
<<Chi pensi che fosse?>> gli domandò Odyssea a bruciapelo. <<Nella foresta Tenebrosa, chi pensi che fosse?>>
<<Non lo so…>> La sua voce fece trasparire quello che il suo corpo aveva cominciato a provare da diversi minuti. Anche lui si stupì della sua gentilezza e dell’effetto che gli faceva Odyssea. <<Certo che ti ha fatto proprio male>>, le sussurrò infine sfiorandole la guancia. Quanto avrebbe voluto baciare quella guancia.
Odyssea a quel punto ebbe un tremito e si alzò. Si mise a camminare sull’erba per alcuni minuti, sorretta dalle sue gambe malferme. Capì subito il perché di quel gesto e non capì se esserne contento o sorpreso. Era imbarazzo quello che leggeva nei suoi movimenti insicuri, imbarazzo misto a sconcerto per la scoperta appena fatta.
<<Ora devi dire tu quello che hai combinato>> le disse a un tratto. Sperava di farla avvicinare nuovamente con quella domanda ma lei restò lì dov’era e cominciò a parlare. Avrebbe potuto ascoltarla per sempre.
<<É andato via dici?>> le chiese lui quando ebbe finito.
<<Dopo avermi colpita..>>
<<È stato Jordy a trovarti?>>
<<Sì>>
<<Bene.>> Forse Jacko cominciava a capire, a riempire le lacune di quel giorno in cui sua sorella fu quasi morta dissanguata. Forse stava trovando i tasselli mancanti di quel puzzle troppo grande per lui. Ma doveva sapere. Voleva arrivare alla verità, anche se questo, probabilmente, gli sarebbe costato la vita. Voleva la redenzione per suo padre e per sua sorella. Voleva giustizia.
<<Jacko…vedi, per Breta…tu puoi fidarti di me…non lo dirò a nessuno. Quando ci siamo incontrati da Mastro Pictum, io…io ero appena stata da Lindia..lei mi aveva confidato che voi..ma io non volevo farmi gli affari tuoi, credimi…non lo farei mai.>>
<<Lo so. Ma ci sono cose che non puoi capire.>> E che io non posso spiegarti. Ci tengo a te. Avrebbe voluto aggiungere questo alla sua frase ma le parole gli restarono nello stomaco, senza uscire.
<<Per esempio?>> domandò di getto Odyssea.
<<Non credo proprio che ti riguardi, dopotutto sei ancora una bambina.>>Avrebbe tanto voluto dirle la verità, confidarsi con qualcuno, con una persona della quale avrebbe potuto fidarsi finalmente. Avrebbe voluto, ma non lo fece. Confidarsi con lei, raccontarle certe cose, l’avrebbe messa ancora più in pericolo di quanto già non fosse. Non ce l’avrebbe fatta ad aggravare la sua situazione. Per Odyssea aggiungere un tassello al suo puzzle personale era un rischio che Jacko non voleva farle correre. Se tenendola all’oscuro poteva contribuire a proteggerla allora doveva farlo. Allontanarla ora che si era pericolosamente avvicinata così tanto a lui sembrava l’opzione più sensata per raggiungere il suo scopo.
<<Non è vero!>> Punta i piedi proprio come una bambina, pensò Jacko tra sé. Colse la palla al balzo e non si lasciò di certo scappare questa occasione. Gli si stampò in viso un enorme ed enigmatico sorriso e se lei fosse stata più esperta in fatto di ragazzi magari avrebbe capito il suo gioco. Ma non lo era ed era proprio per questo che avrebbe funzionato. Il modo migliore per allontanare una persona era l’umiliazione, o almeno era l’unico che conosceva ed anche l’unico che sapeva usare. Le si avvicinò e le prese i polsi delicatamente e le chiese quasi ridendo, tirandola a sé <<Facciamo una prova?>> A quel punto si avvicinò sempre di più ad Odyssea tanto che a separare le loro bocche ci fu solamente lo spazio di un bacio. Un bacio che Jacko si accorse avrebbe tanto voluto darle. Improvvisamente si sentì invadere da un senso di bisogno, e il suo stomaco era come se fosse invaso da un milione di formiche. Era sicuro che Odyssea non lo avrebbe mai baciato spontaneamente, era troppo inesperta ed imbarazzata per farlo ma quello che lo stupì fu la sua stessa reazione. Non la voleva baciare prima ma ora, a quella distanza ravvicinata, si accorse che in realtà ne aveva bisogno. Si avvicinò sempre di più alle sue guance, fino a toccarle, ed inspirò a fondo il suo odore, e gli piacque così tanto che non voleva altro che sentire il suo sapore e perdersi in un lungo e interminabile bacio. Aveva dato della bambina a Odyssea ma anche lui stesso era piuttosto inesperto in quanto a emozioni d’amore. Si accorse di essersi esposto troppo e che si sarebbe subito dovuto fermare, altrimenti, invece di allontanarla e proteggerla, l’avrebbe solo avvicinata di più e l’avrebbe esposta ad altri pericoli. Non poteva farlo, così si scostò un po’ da lei ampliando nuovamente la distanza tra i loro visi e decise di provocarla. <<Ho ragione, vedi>>, sussurrò. <<Sei proprio una ragazzina. Non hai la più pallida idea di come...>>
Odyssea si rabbuiò in volto e divenne rossa di rabbia, si staccò immediatamente da lui con un gesto brusco. La reazione era quella che voleva suscitargli ma non si aspettava che lo avrebbe fatto davvero e con tanta veemenza.
<<Che ne sai tu di me?>> gridò lei. <<E poi…come…come ti sei permesso…chi ti ha chiesto…>>
Quella che apparve sulla faccia di Jacko era sicuramente un’espressione strana. Era sconcertato dalla forza di quella reazione ma allo stesso tempo divertito nel vedere che cercava le parole per contraddire i suoi desideri. Fu in quel momento che Odyssea si voltò per andarsene. Ok, era la reazione che voleva ma allora perché appena lei si girò lui si sentì come improvvisamente svuotato? Quello che riusciva a fargli provare lo irritava. Come poteva farlo stare così? Non lo sopportava ma allo stesso tempo aveva bisogno di lei. <<Quello che c’è tra me e Lindia sono solo affari miei e non ho piacere che te ne occupi nemmeno se per rassicurarmi che non lo dirai a nessuno.>> Non poteva permettere che quella ragazzina appena arrivata mandasse all’aria i suoi studiatissimi piani. <<E adesso vieni qui. Non sono abituato a pregare le persone, e se non torni subito allora non tornare più.>> O con lei o senza di lei.
<<Ah, se è per questo, non preoccuparti. Può darsi che non ci vedremo più davvero!>>
<<Che vuol dire?>> Cioè, cosa?
<<Mia madre…piangevo per questo, sai, quando Breta mi ha sentita..mia madre vuole andare via da Wizzieville.>>
Quelle parole lo trafissero al petto con una tale forza che sarebbe potuto cadere a terra privo di forze. Si scostò i capelli dalla fronte e rimase immobile con le dita di una mano intrecciate a una ciocca, l’altra appoggiata su un fianco e lo sguardo rivolto verso il vuoto, verso il recinto. Davvero non si aspettava una frase del genere. Pensava che sarebbe tornata da lui, al più se ne sarebbe andata un po’ stizzita ma il tutto si sarebbe risolto in poco tempo. Aveva appena capito che non sarebbe riuscito a staccarsi totalmente da lei. Era giunto alla conclusione che poco era meglio di niente.
<<Per cui, stai tranquillo, non solo manterrò i tuoi segreti ma non te ne parlerò più..anzi probabilmente non parleremo più di niente noi due!>>
Affondato. Questo era il dolore più forte che avesse mai provato. Non lo aveva toccato fisicamente, ma l’aveva colpito fino in fondo al cuore.
<<Quando?>>
<<Quando cosa?>>
<<Quando te ne vai?>>
<<Non lo so…forse subito…forse domani…>>
Colpito, affondato, massacrato. Era completamente svuotato. Sentiva la rabbia montare da dentro e non volle fermarla. <<Benissimo, e allora vattene>> le disse a bruciapelo, indicandole il giardino, puntando il dito nella direzione dalla quale voleva vederla sparire.<<Starò meglio senza di te sempre intorno.>>
<<Io non ti sto sempre intorno!>> gli disse lei.
<<Sì invece, e io non ho mai sopportato le ragazzine appiccicose che baciano come imbranate.>> Allontanarla. Era stato il suo desiderio iniziale, no? Ed era quello che stava facendo ora. Quella ragazzina sprovveduta piombata lì dal mondo di fuori non aveva nessun diritto di entrare nella sua vita, nel suo cuore per poi decidere di andarsene tutto ad un tratto senza lottare e lasciarlo svuotato e distrutto. Lui non si era mai sentito così e lei non aveva nessun diritto di farlo sentire così. Era arrabbiato, molto.
Odyssea cercò di ribattere ma alla fine non disse una parola e questo non fece che incrementare la rabbia di Jacko. <<Vattene.>>gli disse. Poi si voltò ed entrò in casa, senza dire una parola in più, senza voltarsi. Si appoggiò alla porta appena chiusa e, non appena sentì i passi di Odyssea farsi via via più fievoli, il senso di perdita divenne a un tratto troppo grosso per lui e si lasciò sopraffare dalla rabbia e si aprì ad un pianto liberatorio. Era la seconda volta che piangeva.

Brano di Lara

Non potei fare a meno di sedermi vicino a lei. Rannicchiata su quel tronco, con il viso pieno di lividi, faceva tenerezza, quasi una bambina, e sentii il desiderio di proteggerla. Un desiderio che andava a scontrarsi con un altro desiderio a cui non volevo dare ascolto. Nonostante tutto non potei fare a meno di sfiorare la sua guancia: se mi fossi ritrovato fra le mani Squartavene in quel momento, credo che sarei stato capace di distruggerlo per aver solo provato a sfiorarla. Poi lei si alzò rabbrividendo, quasi che i miei pensieri le fossero giunti attraverso il tocco delle dita. Mi raccontò tutto quello che era successo, dello scontro con Squartavene e del suo salvataggio da parte di Jordy. Come odiavo sentir pronunciare quel nome dalle sue labbra, con quell’intonazione, come se lui fosse qualcuno su cui potesse sempre contare e poi ecco che pronunciò l’ultimo nome che non avrei mai voluto sentir pronunciare in quel momento. Lindia. Sempre Lindia, sempre a chiedere quale fosse il mio rapporto con lei. E ad un tratto ho deciso di darle una lezione, farle capire che un bacio a volte è solo un bacio e nulla più.
Mi avvicinai, le presi i polsi. “Facciamo una prova?” e l’avvicinai a me. Volevo prenderla in giro, vederla ritrarre spaventata, mi aspettavo un pugno, anche un calcio, ma non quell’arrendevolezza, il suo lasciarsi andare. Mentre mi avvicinavo chiuse gli occhi e non potei più fare finta di non notare quanto la sua pelle fosse candida in contrasto con quei capelli lunghi, neri, che l’avvolgevano, le palpebre chiuse, le labbra rosse: sembrava una principessa in attesa del bacio del principe che potesse risvegliarla dal suo sonno. Quando le mie labbra si posarono sulle sue capii che ormai era troppo tardi per tirarsi indietro, troppo tardi per giocare. Le sue mani si rilassarono nella stretta delle mie, desiderai averla più vicina, stringere quel corpo piccolo ma tenace al mio, perdermi nel suo profumo, e che le sue mani mi accarezzassero il viso. Troppo tardi la ragione tornò a farsi strada in me. Lei era Odyssea, una ragazzina, non potevo commettere quest’errore. Quando mi allontanai, lei era ancora immobile con gli occhi chiusi e le labbra socchiuse, umide.
“Ho ragione, vedi, sei proprio una ragazzina. Non hai la più pallida idea di come…”
Lei si infuriò, adesso sapevo come comportarmi davanti a questa Odyssea, potevo mettere a tacere quella parte di me che voleva prenderla tra le braccia e baciarla finché non avesse imparato cosa significava essere baciata. Ritrovai sicurezza e certezza di me almeno finché lei non pronunciò quelle parole.
“Mia madre vuole andare via da Wizzieville”.

Chi è la vincitrice?

Ho ricevuto il responso di Amabile solo ieri sera. Così, dopo un pomeriggio di rilettura e riflessioni, ho scoperto che il nome che, alla fine, aveva scelto lei, era lo stesso che avrei votato anche io. come potete leggere -e come avevo già detto all'inizio-, tutti i brani sono carichi di emozioni, profondi, pronte per essere assaporate ad ogni parola. E si, la scelta è stata difficile, ma una vincitrice c'è.
Ed è...
Simona T!

Ciò significa che, grazie al suo lavoro, Simona si aggiudica una copia di Cuore Nero autografata dall'autrice. Complimenti, Simona! Ma complimenti anche alle altre, i vostri lavori sono splendidi. Avete tratteggiato un Jacko appassionato e appassionante, con parole e sentimenti che appartengono solo a voi, e che sono davvero felice abbiate voluto condividere con me e Amabile in quest'iniziativa.

5 commenti:

  1. Wow che bellooo. non ci credo ancora. Complimenti anche a tutte le altre partecipanti. Mi tiro un pizzicotto perché ancora non ci credo *o* Grazie mille ad Amabile Giusti e ache a te Bliss e alle altre ragazze che si sono occupate delle altre due tappe <3

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    1. E' stato un piacere, Simona! Ancora tanti complimenti, goditi la lettura di Cuore Nero ;)

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    2. Grazie Bliss *-* Non vedo l'ora.

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  2. Complimenti Simona....brano davvero bello:):):):)

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